I Consigli del Lunedì – 28
Utilizzare come personaggi principali degli animali antropomorfi nel fumetto è un rischio. Se da una parte la pratica rimanda ai “funny animals”, poi traslati nelle testate di maggior successo della Disney, dall’altra il precedente di Maus di Spiegelman ha alzato talmente l’asticella da trovarsi sempre in bilico tra due approcci: o comico, semplice e gradito da un pubblico di ogni età o serio, profondo e per adulti. Inoltre l’idea è ormai talmente abusata che è molto difficile emergere con qualcosa di originale.
Ci avranno pensato gli spagnoli Juanjo Guardido e Juan Diaz Canales quando hanno iniziato a collaborare a Blacksad, le cui quattro storie, ad eccezione dell’ultima uscita da pochissimo, sono state raccolte nel volume Blacksad – L’Integrale (Rizzoli Lizard, 2018, 275 pagine).
Di certo la volontà di unire animali antropomorfi al genere hardboiled, ovvero il romanzo noir dalle tinte pulp di Chandler, Hammett, etc., non è una novità. E se certamente non lo è oggi in cui esistono una lunga serie di fumetti cui Blacksad è stato quasi sicuramente fonte d’ispirazione, basti citare l’Hip Flask di Starkings, Lackadaisy, il web comic di Tracy J. Butler e infine Bacon, fumetto italiano di Marco Natale; non lo era nemmeno nel 2000, l’anno in cui è stata pubblicata la prima storia di Blacksad: Da Qualche Parte Tra Le Ombre.
Già verso la fine degli anni ’70 Benoit Sokal aveva creato l’Ispettore Anatroni (o Canardo in originale), un’anatra con i tipici vizi del detective vecchio stampo che nella campagna francese si trovava ad affrontare crudelissimi gatti, mentre Steve Gallacci aveva iniziato Albedo Anthropomorphics nel 1983 dando inconsciamente vita al fenomeno furry. Inoltre nel campo dell’animazione esistevano varie serie che univano in modo diversi i generi, senza aver tempo di analizzarle, ve ne citiamo tre: Darkwing Duck, Duckman e Fish Police.
Le principali caratteristiche che differenziano Blacksad da tutti questi altri esempi sono due: l’attenzione particolare all’intreccio narrativo e la cura maniacale per ogni aspetto del disegno.
Innanzitutto John Blacksad non è antropomorfo per un vezzo, anzi, a vederlo si capisce subito che è un gatto atipico, è muscoloso, quadrato, più vicino stilisticamente ad un uomo con una maschera da gatto piuttosto che ad un gatto diventato uomo. Cosa che è vera anche per tutti i suoi comprimari, ogni specie è scelta appositamente in base alle sue caratteristiche e a come queste si adattano al ruolo/lavoro del personaggio. Per esempio i poliziotti sono quasi tutti canidi mentre Weekly, il comprimario di John Blacksad, un giornalista pettegolo e iperattivo che ha problemi di igiene, è una donnola. Questo più che la funzione dei gatti in Maus ci ricorda quella che hanno i rinoceronti del bellissimo fumetto di Aneurin Wright Things To Do In A Retirement Home Trailer Park… When You’re 29 And Unemployed, purtroppo ancora inedito in Italia.
Il suo essere un gatto nero diventa sì un dispositivo con cui analizzare il razzismo ma è anche un modo per sviscerare la natura umana e le maschere che ognuno di noi calza e che, prima o poi, dovrà affrontare. La cosa più impressionante, per un fumetto in generale, è la profondità della caratterizzazione dei personaggi. Forse proprio per distaccarsi dalla concezione disneyana, non ci sono buoni o cattivi tout court, ma ognuno presenta diversi livelli di ambiguità, spesso trasformandosi e cambiando ruolo nel giro di poche vignette. Il rispetto per la tradizione hardboiled emerge anche da questo ed è palpabile il lavoro svolto da Guardido e Canales per evitare di sbeffeggiare in alcun modo le loro fonti di ispirazione. La loro passione traspare anche dalla scelta cromatica, ogni storia è incentrata su un colore che la rappresenta: se la già citata Da Qualche Parte Tra Le Ombre usa toni neri e grigi in maniera egregia, la storia è forse la più violenta ma al tempo stesso più classica e legata al noir. Arctic Nation usa il bianco della neve per rappresentare le differenze razziali, la segregazione e i suprematisti bianchi (giustamente rappresentati da un orso polare). Anima Rossa usa ovviamente il rosso ed ha una storia ambientata nella seconda ondata della cosiddetta “paura rossa” quando in America si dava la caccia ai comunisti. L’Inferno, Il Silenzio usa sapientemente il blu per farci sprofondare in una storia di un tipico musicista jazz/blues con un talento devastato dalla droga, ambientata in una New Orleans piena di musica e di voodoo. Infine Amarillo, ambientata nell’omonima città, usa il giallo della sabbia per una storia in cui due scrittori senza soldi in viaggio si troveranno coinvolti in una torbida storia all’interno di un circo itinerante.
Le storie si svolgono tutte in America (potrebbe essere altrimenti?) alla fine degli anni ’50, quindi idealmente nel periodo finale del noir classico che ha il suo picco dieci (per quanto riguarda i film) se non venti anni prima (per quanto riguarda la letteratura). Il crudo realismo presente emerge anche da evidenti riferimenti a episodi o personaggi della realtà dell’epoca, talmente tanti da rendere difficile riportarli in questa sede. Il tratto di Canales è precisissimo, ogni tavola è ricca di dettagli, le ambientazioni sono così curate, dal punto di vista architettonico, da ricordare l’uso degli spazi di Will Eisner. Gli acquerelli rendono ogni coloratissima pagina una vera e propria delizia alla vista.
Leggere Blacksad è piacevole e rilassante come può esserlo assaggiare un buon whisky o mettere su un vecchio disco jazz o, perché no, fare tutte e tre le cose insieme.
P.s. Per gli appassionati segnaliamo anche che nel 2019 è uscito anche il videogame Blacksad: Under The Skin che ha ricevuto molte recensioni positive.
Consiglio scritto da Giallo Giuman