I Consigli del Lunedì – 17
 
Mentre in Italia ci si prepara a tornare sui banchi di scuola e il numero dei nostri consigli del Lunedì, arrivato al diciassettesimo, si avvicina alla maggiore età, ci sembra opportuno consigliarvi un capo saldo del fumetto dedicato al periodo dell’adolescenza.
 
Black Hole (Coconino, 2007, 368 pagine) di Charles Burns viene inizialmente pubblicato in dodici brevi albi tra il 1998 e il 2005, poi raccolti in un unico graphic novel nel 2005. In Italia, la prima pubblicazione vede le prime nove storie raccolte in due volumi, sempre dalla Coconino, tra il 2003 e il 2004, mentre solo nel 2015, per i possessori dei primi due che non volessero comprare la raccolta intera, è arrivato il quarto volume.
 
Siamo a Seattle nella metà degli anni ’70, ma potremmo essere in una qualsiasi cittadina nordamericana immersa nella natura. Tra gli adolescenti si sviluppa uno strano virus, una vera e propria piaga che si trasmette per vie sessuali e che trasforma i corpi dei contagiati in diversi modi, rendendoli veri e propri mutanti. C’è a chi, come Eliza, nasce una coda, a chi invece, come a Rob, nasce una seconda bocca, e chi subisce mutazioni molto più mostruose. Alcuni dei contagiati finiranno per organizzarsi e vivere in accampamenti isolati. La storia viene narrata in prima persona da quattro protagonisti che vengono a loro modo tutti in contatto con la malattia. Un estratto dall’ultimo capitolo spiega molto bene la difficoltà di riassumere tutti gli eventi:
“E’ come spiegare il sesso ad una suora – non c’era modo di capirlo a meno che tu non l’avessi vissuto. Io ero lì, okay? Metà dei miei amici sono morti là fuori. Non avrei mai pensato di riuscire ad andarmene da quel buco…”
 
Se l’ambientazione e il periodo in cui venne pubblicato possono far pensare alla corrente artistica affiancata alla musica grunge, Black Hole non condivide pressoché nulla di quell’estetica se non l’angoscia adolescenziale e, in parte l’uso della cultura pop (per fare un esempio specifico, le situazioni in cui i personaggi si imbattono ricordano più i testi dei The Toadies piuttosto che quelli dei Nirvana). Se proprio dobbiamo accostarlo a qualcosa, il modo in cui il linguaggio e i comportamenti dell’adolescenza vengono sviscerati ricorda i film di Gregg Araki di fine anni ’90, anche qui troviamo un misto di fragilità e violenza, un universo in cui i genitori sono quasi totalmente assenti e, le poche volte che appaiono, sono distanti (nessuno dei genitori accetta in alcun modo la “piaga).
 
 
L’horror, da sempre presente in varie forme in tutti i lavori di Burns, qui però scevro dall’ironia che si poteva trovare in Big Baby o El Borbah, mantiene in parte quell’estetica anni ’50 ma rivista in chiave moderna e, più che mai, è uno strumento ad uso della storia. Non è un caso che questo fumetto venga spesso paragonato ai lavori di David Cronenberg, maestro del cosiddetto body horror, ma non sarebbe affatto fuori luogo pensare anche a Lynch. Eraserhead è servito sicuramente di ispirazione a Burns ma quando uno dei protagonisti trova un braccio nel bosco è inevitabile non pensare alla scena dell’orecchio presente in Velluto Blu. Come Lynch, Burns riesce a creare una spaventosa e continua aura di mistero per poi riuscire ad andare molto in profondità e a farci immergere in quegli anfratti dell’inconscio più paurosi.
 
Il buco nero può essere visto come una metafora dell’adolescenza ma il testo è pieno di simboli la cui interpretazione è a carico del lettore. E’ lo stile a imporsi quasi più che la storia. Un bianco e nero opprimente, dagli sfondi completamente neri che ricordano i processi delle litografie e/o serigrafie. Il posizionamento delle vignette, che rimanda alle inquadrature cinematografiche, si ferma quasi sempre sui visi o sui mezzi busti, riuscendo a trasmettere un senso di claustrofobia perenne. Una meticolosità estrema nei dettagli che, se da una parte riesce a rivelare tutte le foglie di un cespuglio, può anche essere vistosa assenza, omettendo tutte le scritte nello sfondo di un supermercato pieno di oggetti. L’apertura di uno squarcio, nella pancia di una rana ad una lezione di biologia, in una piccola ferita sotto un piede, sulla schiena di una mutante che sta cambiando pelle, nel sesso nascosto che provoca la malattia ci riportano alla mente quella sorta di paura, disgusto e imbarazzo che permea per tutto il libro.
 
Black Hole consacra Burns come autore e, durante la sua prima pubblicazione, lo rende il vincitore pressoché incontrastato di ben 7 Harvey Awards come miglior inchiostratore (nel 2000 e nel 2003 i due premi mancati vanno entrambi a Jaime Hernandez). Oltre a questi ha anche vinto un premio Ignatz ed è stato, nel 2007, tra i cinque premi Les Essentiels d’Angoulême assegnati per la prima volta. Non è un caso quindi che venga insegnato in varie università americane in corsi di letteratura. In un’intervista un Burns molto divertito richiamava il fatto che la più piccola delle sue due figlie, iscritta al Cleveland Art Institute, si rifiutò di leggerlo nonostante questo fosse inserito nella lista dei testi da leggere per il suo corso di laurea. Noi invece vi sproniamo a immergervi nella catartica lettura di questo capolavoro.
 
Consiglio scritto da Giallo Giuman

Di Biblioteca delle Nuvole

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